Durante la progettazione e lo sviluppo di GOOD BYTE, abbiamo affrontato diversi punti di criticità che ci hanno messo alla prova. Il primo grande ostacolo è stato riuscire a integrare e comunicare in modo efficace una molteplicità di temi complessi. Per farlo, ci siamo affidati a strumenti come la gamification, la data visualization e l’infografica, cercando di rendere accessibili e coinvolgenti argomenti articolati senza sacrificarne la profondità.
Un’altra sfida cruciale è stata il tempo limitato a disposizione, che ci ha obbligati a lavorare con estrema efficienza per completare step fondamentali del progetto, come la creazione di un videogioco da zero e l’apprendimento di un nuovo software, Unity, essenziale per lo sviluppo.
Inoltre, è stato necessario unire armoniosamente diverse componenti: da un lato, la progettazione del gioco e la sua giocabilità, e dall’altro, un’accurata ricerca sui temi trattati, integrando dati complessi e riferimenti alle leggi nazionali pertinenti.
La scelta dell’identità e del logotipo è stata decisiva e tardiva, poiché abbiamo preferito concentrarci maggiormente sulla giocabilità e sull’accessibilità ai contenuti. Durante i brainstorming per scegliere il nome del nostro progetto, sono emersi diversi suggerimenti interessanti come: Termini, Terminus, Post Quem e Last Byte, ma purtroppo nessuno di questi ci sembrava adatto, in quanto non rispecchiavano l’essenza del nostro progetto.
Un giorno ci siamo incontrati in una call, organizzata in fretta e senza molta preparazione, e lì, forse sotto pressione e con un po’ di panico, è emerso il nome ufficiale: Good Byte. Si tratta di un nome facile da pronunciare anche per un bambino, che suona piacevolmente ed è composto da due parole inglesi, “good” e “byte”, che richiamano la parola inglese “goodbye”, ossia “addio” o “arrivederci”. Questo concetto si lega alla decisione di porre fine alla propria vita, di donare i propri organi dopo la morte e di cancellare la propria identità digitale, scelte che possono essere stabilite in anticipo, attraverso il documento DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), sia prima di un decesso previsto che in seguito a un incidente.
Come puoi osservare dalle prove sia del logotipo che delle icone, inizialmente non avevamo uno stile definito per il progetto e non avevamo ancora deciso né la quantità né la categoria delle icone da utilizzare. Dopo diversi tentativi, abbiamo optato per uno stile Vaporwave e 2D, accompagnato da una palette di colori pastello con qualche accenno di tonalità più scure.
Le icone relative alle parti del corpo sono state sviluppate verso la fine, quando ci siamo resi conto che quelle create per rappresentare e differenziare le storie di Marco e Martina erano funzionali e ben riuscite, ma non includevano affatto la tematica della donazione degli organi. Per questo motivo, ci siamo rimessi al lavoro sulle nostre tavole da disegno, e, dopo aver creato molte icone per gli organi, abbiamo deciso di fare una selezione, mantenendo solo quelle degli organi principali, come il cuore e i polmoni.
Per problemi di tempistiche e spedizione, non siamo riusciti a realizzare i due totem da mostrare all’Open Day, nonostante avessimo tutti i materiali, gli strumenti e le grafiche. Anche questo fa parte del processo. Siamo riusciti però a realizzare un modellino del totem, che è alto circa 50 cm rispetto ai 2 m dei totem ideati.
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